Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende definire i princìpi generali nella materia dell'intervento pubblico nel settore dello spettacolo dal vivo alla luce della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, attuata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Allo stesso tempo non si può trascurare come tale intervento legislativo sia indispensabile anche alla luce della mancata piena attuazione, in materia, della legge n. 163 del 1985 che, istituendo il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), rinviava la regolamentazione per i singoli settori a leggi specifiche, mai approvate dal Parlamento.
      È un dato di fatto assodato quello che la cultura necessiti di un significativo investimento di risorse pubbliche. Non si tratta infatti di un'invenzione recente, fin dai tempi dell'antica Grecia possiamo individuare concezioni e modalità diverse di sostegno allo spettacolo dal vivo. I presupposti contemporanei che stanno a fondamento di questo intervento sono sostanzialmente tre. In primo luogo si deve riconoscere che la qualità del prodotto - per le sue caratteristiche specifiche - dipende dall'emancipazione dal mercato. L'esperienza storica ci insegna, infatti, che nello specifico delle espressioni culturali il mercato da solo non è in grado di garantire pluralismo e piena libertà di espressione. In secondo luogo non si può non riconoscere allo spettacolo dal vivo una funzione di tipo sociale: anche l'analisi economica più recente ha messo ben in evidenza come la finalità principale delle

 

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imprese - pubbliche e private - che operano in questo settore sia di carattere prettamente sociale e culturale e non economico, essendo il loro obiettivo, da una parte, quello di tutelare e di conservare il patrimonio artistico e l'identità di una comunità e di un Paese e, dall'altra, quello di contribuire allo sviluppo della sensibilità artistica della collettività, intesa come accrescimento culturale e morale della comunità essa. Infine, non si possono non tenere in considerazione i risultati dell'analisi economica delle imprese di questo settore che ne mettono in luce, tra le diverse caratteristiche, la condizione strutturale di squilibrio economico (determinata dalla dimensione limitata della domanda, dall'ampiezza dell'offerta, dalla logica sociale nella determinazione del prezzo). In Italia il primo intervento contributivo dello Stato risale al 1921, ovvero all'epoca fascista. Gli interventi del regime fascista sono stati caratterizzati da un approccio, che si è tramandato nel tempo, di tipo pedagogico, protettivo, assistenziale e statalista. Lo Stato italiano ha scelto di sostenere tutto il teatro senza distinzioni fra pubblico e privato, in modo assistenziale, senza scelte programmatiche, come avrebbe potuto essere la costituzione di un teatro di Stato. Si è sviluppato, cioè, un sistema di finanziamenti basato su circolari ministeriali e non su una legge organica di sistema. Un cambiamento radicale è avvenuto nel 1985, con l'emanazione della legge 30 aprile 1985, n. 163, con cui si è previsto lo stanziamento di un contributo fisso, ripartito e indicizzato, per il sostegno allo spettacolo, ovvero l'istituzione del citato FUS.
      Questa è la prima e unica iniziativa legislativa della Repubblica che si impegni a disciplinare tutti i settori dello spettacolo. Il settore dello spettacolo diventa oggetto di una normativa unitaria, che ha il duplice scopo di riordinare gli interventi finanziari a favore dell'intero settore dello spettacolo e di regolamentare con una disciplina unitaria tali interventi. Nella stessa legge si prevedeva che venisse emanata successivamente una legge organica per ogni settore con l'obiettivo di stabilire criteri e modalità di finanziamento. Questa legge, che è stata emanata, ad esempio, per il cinema (decreto legislativo n. 28 del 2004), non è mai stata emanata per il teatro e, perciò, è continuato il sistema delle circolari annuali recanti i criteri e le modalità di attribuzione del finanziamento all'interno del settore teatrale. Le circolari sono provvedimenti amministrativi, emanati annualmente, la cui funzione è stata quella di elencare i soggetti che potevano beneficiare dei contributi precisandone i requisiti. Esse sono tuttavia strumenti troppo flessibili e soggetti a diverse possibili pressioni volte a indirizzare, anno per anno, i contenuti dei provvedimenti e, successivamente, ad arginare o a controllare cambiamenti troppo rapidi nelle regole del gioco. Nel corso del tempo si è affermata quale regola principale quella del dato storico, il livello acquisito di contributi, che le categorie ovviamente difendono, giungendo così a una cristallizzazione del sistema. Ma è anche emerso il delicato problema della ricerca di un metodo che consenta di quantificare equamente i contributi, operando una sintesi fra elementi quantitativi (misurabili) e qualitativi (opinabili e discrezionali). Si aggiunga anche che attraverso l'analisi dei dati relativi al mercato dello spettacolo italiano si può evincere come in questi anni di attuazione della legge n. 163 del 1985 si sia determinato uno sviluppo disarmonico, soprattutto dal punto di vista geografico, con grandi concentrazioni di imprese finanziate in alcuni territori e con assenza quasi totale in altri, ledendo in qualche modo il principio delle pari opportunità nell'accesso a queste forme di intrattenimento. E allo stesso tempo si è verificata una situazione di sbarramento all'ingresso sul mercato per nuovi soggetti che non hanno potuto accedere, o lo hanno fatto con grande fatica, ai finanziamenti pubblici, gestiti nella logica della conferma del dato storico. A tutto ciò si aggiunga che la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, cui ci si riferiva in precedenza, prevede tra le materie di legislazione concorrente anche la
 

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valorizzazione dei beni culturali e ambientali nonché la promozione e l'organizzazione di attività culturali. In tali materie spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali. Anche per questo, dunque, il riordino delle funzioni in questo campo è un problema di assoluta priorità.
      Nel predisporre quindi una legge quadro su tale materia, il primo interrogativo riguarda quali siano gli indirizzi posti alla base dell'intervento pubblico a sostegno dello spettacolo dal vivo. A questo interrogativo si tenta di rispondere attraverso il capo I della presente proposta di legge, in cui si affermano alcuni princìpi di carattere generale. Lo spettacolo dal vivo svolge un ruolo primario nella crescita sociale e culturale della comunità e dei cittadini e pertanto la Repubblica attua azioni positive volte a favorire pari opportunità nella produzione e nella fruizione. In particolare, la Repubblica sostiene la produzione, la distribuzione e l'esercizio (con particolare riguardo ai giovani e alla ricerca); sostiene un armonico sviluppo della dotazione infrastrutturale; conserva e tutela il patrimonio storico dello spettacolo dal vivo; sostiene la fruizione e la formazione professionale; opera affinché le imprese del settore, sia pubbliche che private, acquisiscano sempre maggiore autonomia sul mercato.
      Una modifica sostanziale dell'attuale sistema è quella che si prevede nel capo II, laddove si individuano le competenze delle singole istituzioni - sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all'articolo 118 della Costituzione - e si stabiliscono i princìpi generali per la distribuzione delle risorse del FUS. I princìpi alla base del capo II sono semplici e, allo stesso tempo, profondamente innovativi per il sistema italiano. Prima di tutto si distinguono le imprese di produzione, distribuzione ed esercizio pubbliche o partecipate da soggetti pubblici da quelle private. Mentre nel primo caso Stato, regioni, province e comuni - ciascuno secondo le proprie competenze - si fanno carico del finanziamento diretto, nel secondo caso tutte le imprese, con pari opportunità nell'accesso, possono beneficiare di contributi pubblici a condizione che esse contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi di promozione e di sviluppo individuati per i diversi livelli territoriali. Le azioni, gli obiettivi e i relativi metodi di valutazione sono individuati mediante due nuovi strumenti: il Piano nazionale e il piano regionale per lo sviluppo e la valorizzazione dello spettacolo dal vivo, di cui al capo III della presente proposta di legge. Tali piani, di durata triennale, sono degli strumenti di programmazione volti a definire le azioni che, ai vari livelli territoriali, sono messe in atto al fine di promuovere lo sviluppo delle attività di spettacolo, in linea con quanto previsto con i princìpi e gli indirizzi generali di cui al capo I. La ripartizione delle risorse, quindi, non è più esposta al rischio di prassi che tendano a garantire situazioni consolidate, bensì è stabilita in funzione di azioni e di obiettivi specifici, modificabili nel tempo, e quindi in grado di cogliere le evoluzioni della situazione del mercato, monitorabili e valutabili. Compito delle istituzioni non è quindi esclusivamente quello di finanziare i soggetti operanti nel settore, bensì di individuare le strategie affinché questo mercato possa crescere, in termini di offerta culturale, di accessibilità sociale e di dimensione economica, garantendo, in questo modo, un beneficio al complesso delle imprese operanti nel settore e alla comunità in generale.
      Lo Stato, in particolare, nell'ambito del Piano triennale nazionale definisce tali azioni e obiettivi e opera, alla luce di questi ultimi, il riparto delle risorse del FUS tra le regioni che, a loro volta, indirizzeranno le stesse verso province e comuni in attuazione delle azioni e degli obiettivi che, in accordo con questi, avranno definito quali prioritari a livello territoriale. Lo Stato, come le regioni, potrà altresì utilizzare delle risorse anche per finanziare direttamente progetti e iniziative propri o di altri soggetti, pubblici e privati, volti al perseguimento dei propri compiti istituzionali e delle azioni che, individuate nel Piano triennale nazionale o
 

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nel piano triennale regionale, intendono perseguire in prima persona.
      Nell'ambito del Piano nazionale e dei piani regionali sono previste altresì le azioni specificatamente orientate alla dotazione infrastrutturale del settore, con la previsione degli interventi e dei finanziamenti ad esse destinate.
      Le risorse ripartite dallo Stato e dalle regioni confluiscono in appositi fondi (regionale, provinciale e comunale) cui affluiscono altresì tutte le altre risorse destinate da tali enti agli interventi di sostegno finanziario al settore. Per quanto concerne le regioni, le risorse proprie non possono essere inferiori al 25 per cento delle risorse attribuite dallo Stato; nel caso delle province non possono scendere al di sotto del 10 per cento delle risorse attribuite dalla regione; per i comuni il limite è stabilito nel 5 per cento delle risorse attribuite dalle province. L'incremento minimo del FUS su base annua è calcolato in base al tasso di inflazione programmata.
      Per quanto concerne l'erogazione dei contributi sono stabiliti all'articolo 10 alcuni princìpi di carattere generale. Tutti i finanziamenti sono destinati alla realizzazione delle azioni previste nei Piani nazionali o nei piani regionali. I finanziamenti ai teatri pubblici o partecipati erogati dallo Stato e dalle regioni sono attribuiti su base triennale, tenuto conto dei costi dei progetti artistici e dei risultati della gestione economico-finanziaria dei soggetti e incentivando l'utilizzo di giovani professionalità.
      La ripartizione delle quote fra le regioni, le province e i comuni avviene sulla base delle azioni e degli obiettivi del Piano triennale nazionale, tenendo in considerazione la presenza nel territorio di teatri pubblici o partecipati e la popolazione residente.
      Per tutti i finanziamenti sono tenuti in considerazione la valutazione qualitativa, svolta attraverso un sistema di esaminatori esterni anonimi, scelti tra esperti del settore, e il livello di raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel Piano triennale nazionale o nel piano triennale regionale.
      Il capo IV, invece, dispone l'istituzione di organi consultivi presso il Ministero per i beni e le attività culturali, le regioni, le province e i comuni. Presso il medesimo Ministero sono istituiti il Consiglio per lo spettacolo dal vivo e l'Osservatorio nazionale dello spettacolo dal vivo; organi corrispondenti sono istituiti presso le regioni. Il Consiglio o le corrispondenti commissioni regionali collaborano per la redazione del Piano triennale nazionale e dei piani triennali regionali e svolgono l'attività istruttoria in ordine alle domande di finanziamento. L'Osservatorio nazionale e gli osservatori regionali, invece, svolgono funzioni di monitoraggio e di studio sul mercato dello spettacolo dal vivo e sul sistema dell'intervento pubblico nel settore, a supporto delle attività del Ministero o delle regioni. Per le province e per i comuni si prevede la possibilità di dotarsi di analoghi organi consultivi. La proposta di legge reca altresì norme specifiche sulla composizione e sulla nomina dei membri di tali organi.
      Il capo V, infine, prevede alcuni interventi fiscali a sostegno dello spettacolo dal vivo, quali la riduzione dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) al 4 per cento sulle attività di spettacolo dal vivo e sui prodotti di interesse culturale connessi, nonché detrazioni fiscali per i lavoratori dello spettacolo dal vivo. All'articolo 18 si prevede la delega al Governo per il riordino del sistema fiscale per le attività produttive dello spettacolo dal vivo.
 

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